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Intestino pigro: di cosa si tratta?

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Tra i disturbi che creano diversi problemi e fanno vivere decisamente male, in alcuni casi anche malissimo, la stitichezza (stipsi) o intestino pigro occupa un posto di assoluto rilievo in una percentuale di persone normali tutt’altro che trascurabile.

Inchieste condotte negli Stati Uniti indicano che anche la scarsa attività fisica, il basso reddito e il grado di istruzione sono fattori che favoriscono l’intestino pigro.

Nonostante la frequenza del disturbo e nonostante il disagio dichiarato dai pazienti che ne soffrono, le idee su cosa fare sono più numerose che ben definite. Vediamo, quindi, assieme di cosa si tratta e come migliorare la sintomatologia con l’alimentazione.

Quando parliamo di intestino pigro ci riferiamo ad una condizione in cui vi è un rallentamento dello svuotamento del transito intestinale. Non si va in bagno tutti i giorni, tendenzialmente meno di 3 volte a settimana, ci si sente particolarmente gonfi e di conseguenza infastiditi, le feci sono dure e disidratate e si ha difficoltà nell’evacuazione. Tutto questo, capiamo, che possa avere un impatto negativo direttamente sulla qualità della vita ed influenzare fortemente l’andamento della giornata a livello emotivo e psicologico.

Altri possibili sintomi legati all’intestino pigro sono: dolore addominale, crampi, meteorismo, sensazione di incompleto svuotamento, di nausea e di pienezza.

Ma quando si può parlare di intestino pigro?

Anche se ogni individuo ha la propria regolarità intestinale si parla di intestino pigro quando si hanno:

  • Frequenza di scariche inferiore a tre volte a settimana;
  • Necessità di sforzare molto durante la defecazione almeno una volta su quattro;
  • Sensazione di aver scaricato in modo incompleto almeno una volta su quattro;
  • Necessità di massaggiare l’addome per defecare almeno una volta su quattro;
  • Sensazione di impedimento all’espulsione delle feci nel tratto finale (ano-rettale) dell’intestino almeno una su quattro;
  • Feci dure o spezzettate almeno una su quattro.

Cosa possiamo fare dal punto di vista alimentare?

  • Fare in modo che la quantità di fibre alimentari introdotte giornalmente sia adeguata. Le fibre alimentari sono componenti non digeribili o solo parzialmente digeribili della nostra dieta che derivano principalmente dai cereali (10-15%), dalla frutta e dalla verdura (2-8%) e dal pane (3% quello bianco e 8% quello integrale). Alcune sono insolubili in acqua altre solubili. Quelle insolubili dei cereali trattengono acqua, come se fossero delle “spugne”, determinando così una maggiore spinta intestinale. Quelle della frutta e dei legumi sono invece solubili e stimolano l’accrescimento della flora batterica intestinale, concorrendo, insieme alle insolubili, ad aumentare la massa fecale. Si ritiene che la quantità giornaliera di fibra adeguata dovrebbe oscillare tra i 20-30 grammi al giorno.
  • Le fibre vanno accompagnate da abbondante introito di acqua o comunque di liquidi.
  • Meglio evitare di sdraiarsi dopo aver mangiato. In posizione supina lo svuotamento gastrico, infatti, è significativamente rallentato.
  • Si ritiene consigliabile attività fisica quotidiana. Perché non sostituire il riposino post pranzo o cena con una bella passeggiata?
  • Se si salta ogni tanto l’evacuazione non occorre fare uso di purganti o lassativi. Se ciò non provoca mal di pancia o disagio e malessere, si può aspettare anche uno o due giorni.

INFO:
Dott.ssa in Dietistica Martina Mangino
Tel: 366.4901272
Studio: Largo Re Umberto 102, 10128 Torino
www.torinodietista.it – mangino.martina@gmail.com

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